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Gay & Bisex

QUANDO L'AMORE NON HA LIMITI


di RedTales
25.06.2017    |    20.875    |    15 9.7
"Soprattutto ci fu tanta tenerezza, tanto calore ed un profondo rispetto reciproco..."
Era ora di cena quando, sbadatamente, guardò fuori dalla finestra. Non ci fece subito caso ma, un istante dopo, ritornò con lo sguardo su quanto gli era sembrato di intravvedere nel condominio difronte al suo. Infatti c’era un ragazzo che, tutto nudo, stava facendo qualcosa. Lo vedeva di spalle e si soffermò a spiare quello “spettacolo”. Non che la cosa lo interessasse, ma si era incuriosito. Accostò la tenda per essere sicuro di non farsi vedere e aguzzò la vista. Le due finestre non erano lontane, una decina di metri, più o meno e la vista era ottimale, anche grazie alla luce accesa. Si, probabilmente quel maschio stava cucinando, e ne ebbe la conferma quando si girò con una teglia in mano. Però, adesso che lo veda difronte notò che indossava un grembiule che, evidentemente, lo copriva solo… davanti.
Anche se guardare un uomo nudo non lo interessasse particolarmente, quella stranezza lo rapì e rimase fermo ad osservare. Lo vide continuare a trafficare per una buona manciata di minuti. Gli sembrava strano che, a parte quel ridotto grembiulino, fosse completamente senza vestiti. Faceva caldo, ma non in modo così esagerato... Ad un certo punto finì quello che stava facendo e si levò anche il solo indumento che lo ricopriva, rimanendo in tenuta adamitica ad apparecchiare la tavola. Adesso riusciva a vedere solo una parte della stanza ma non si mosse dal suo angolino d’osservazione. Quando sparì dalla sua visuale pensò che era ora di accendere la luce e di farsi gli affari suoi ma l’illuminarsi della finestra accanto lo bloccò ancora li. La visuale era spostata ma rimediò subito raggiungendo un’altra finestra che si apriva proprio su quella che lo interessava. Dietro quei vetri ritrovò il ragazzo che era sempre come “mamma lo aveva fatto”. Si spostava tra armadio e letto facendo chissà cosa. La visuale era decisamente ottimale e poteva osservarlo bene. Era giovane, tra i venti e i trent’anni e con un bel fisico: magro, slanciato e con capelli “alla moda”. La luce si spense e, anche ritornando all’altra finestra, non vide più nulla. Si rimise a fare le sue cose, dimenticandosi del dirimpettaio. Un’oretta dopo se ne ricordò e, dopo aver spento la luce, si avvicinò alla finestra. La luce della camera era aperta, le tende scostate e all’interno riusciva a vedere bene due corpi nudi.
“Si è messo a scopare il porcello...”
Non che fosse un guardone ma quanto stava accadendo lo intrigava e così andò a cercare il vecchio binocolo e iniziò a curiosare… da vicino.
"Cazzo, ma sono due maschi!” pensò appena mise a fuoco che uno era accovacciato con la testa tra le cosce dell’altro ed erano sicuramente due uomini.
Ci restò male. Lui non aveva mai pensato a queste cose… O meglio, non aveva mai creduto che potessero interessargli. Però non si spostò, continuò ad osservarli fin quando un terzo uomo non comparve davanti alla finestra, con il cazzo duro e… tirò le tende.
Rimase ancora per un po’ a scrutare le tende e poi rinunciò.
Anche nei giorni seguenti riuscì a sorprendere il suo vicino gironzolare nudo per casa facendosi una precisa idea di quel ragazzo che era decisamente giovane, restava fuori casa tutto il giorno e, diverse volte, la sera, aveva... ospiti. Con il passare del tempo cercare di vederlo era diventata quasi una fissazione. Quasi ogni sera si metteva a guardare sperando di vederlo e spesso ci riusciva e ne era soddisfatto. Cominciò perfino a fotografarlo armato di reflex e teleobiettivo. Ormai sapeva quasi tutto del suo fisico: era alto sul metro e settanta, era completamente depilato, aveva un culo che poteva essere scambiato per quello di una donna, il pisello era normale ma non lo aveva mai visto in erezione. Più volte lo aveva sorpreso spalmarsi della crema sul corpo, sapeva che curava con attenzione i capelli ed in particolare la frangia. Aveva stimato un’età vicina ai venticinque anni, forse meno, ma non ne era sicuro. Cambiava assai spesso partner e faceva usare sempre il preservativo. Immaginò che gli piacesse tanto il sesso, vista la frequenza con la quale si portava maschi a casa. Le foto più intriganti le fece una sera che lo sorprese a scopare in cucina con un super macho, di quelli tutto muscoli e palestra.
Fece decine di scatti mentre il palestrato continuava a fargli cambiare posizione, sodomizzandolo con impeto e con grande foga. A momenti sembrava quasi che fosse un burttino nelle sue mani, vista anche la notevole differenza di altezza e di peso tra i due. Quell’incontro si concluse con una gran succhiata di cazzo e con una vera e propria inondazione del viso che riuscì proprio a immortalare con soddisfazione.
Ormai spiare quel ragazzo lo eccitava e, quasi sempre, quando si ritrovava a rivedere gli scatti che aveva fatto, si masturbava. Ovviamente, ogni tanto, anche da lui veniva qualche amica con cui si “divertiva”, ma ormai il suo chiodo fisso era il suo vicino.
Un pomeriggio, mentre stava accompagnando una sua ex a fare shopping in un negozio di moda di un grande centro commerciale, se lo trovò difronte. Lavorava li. Lo riconobbe subito, anche se fece finta di nulla ma il suo dirimpettaio gli strizzò l’occhio, lasciandolo più che sorpreso e, poco dopo, mentre Marta era nel camerino, mentre aspettavano gli disse:
“Scusa, tu abiti in via Mazzini?”
Ancor più meravigliato rispose di si.
“Mi sembrava di averti visto. Io abito all’ultimo piano del palazzo rosa e tu stai dall’altra parte...”
Provò a fare lo gnorri ma l’altro, quasi spavaldo insistette: “ti vedo alla finestra...”
Quell’ultima frase lo lasciò basito e con un’espressione sgomenta. Cominciò a chiedersi se forse lo avesse scorto mentre era intento nelle sue… osservazioni. “Forse non sono stato attento… Mi ha visto? Ma come ha fatto? Ero sempre dietro le tende… con la luce spenta...” Gli passarono tanti pensieri in quelle frazioni di secondo, tanto che il suo interlocutore riprese: “scusa se te lo ho detto… ma mi era sembrato che mi osservavi. Sai, mi piace se mi guardi…”
E dopo qualche altro attimo di imbarazzato silenzio di Raoul affondò il coltello: “è da tanto ormai… avrei voluto conoscerti ma...”
“Come sto?”
Marta era uscita e chiedeva consigli e la loro conversazione si interruppe. Ognuno diede il suo parere e la ragazza ritornò a cambiarsi.
“Si, mi ero accorto che mi… spiavi...”
“Ma… qualche volta… Mi è capitato...”
“No, no… Va bene così… mi piaceva sapere che mi guardavi… Avrei solo voluto conoscerti… Speravo di incontrarti...”
“Sai, le finestre… mi è capitato… eri li…”
“Tranquillo, tranquillo… va bene così… volevo che mi guardassi… mi mettevo apposta davanti alle finestre...” e così dicendo gli prese la mano.
Raoul non la ritrasse e rimase immobile.
“Vuoi passare da me questa sera?”
Un’altra interminabile manciata di secondi di silenzio si interruppe con un si sussurrato a bassa voce.
“Alle nove, va bene?”
“Sì!”
La porta si aprì: “ciao, io sono Artù.”
“Io Raoul. Artù?”
“Si, Artù. In realtà è Arturo, ma per tutti ormai sono Artù.”
Indossava un pantaloncino di jeans aderentissimo e una maglietta larga, sbracciata e corta in vita. L’appartamentino era tutto li, sala con cucina, camera e bagno. Si accomodarono sul divano e gli offrì da bere, Come andò al frigo non poté non notare la parte bassa delle chiappe che sporgevano dal bordo del jeans. Si, quel culetto non aveva nulla di meno di quello di una bella donna. Visto così da vicino non poteva che confermare quanto già sapeva. E poi le gambe… saranno stati gli shorts ma sembravano lunghissime e, perfettamente depilate e lisce, erano proprio uno splendore da guardare. Per un attimo pensò che probabilmente sarebbero state piacevoli anche da accarezzare ma rimosse immediatamente questo pensiero...
“Ti piace il mio culo?”
Accidenti, si era perso a fissargli le gambe e nemmeno si era accorto che lo stava guardando.
“Si!. Scusa, ma non sono riuscito a non guardartelo e anche le gambe...”
“Grazie, sono contento che ti piacciono...”
Si sentì in imbarazzo. Non si era mai trovato in una situazione simile e non sapeva bene cosa fare. E poi era così giovane...
Quel ragazzo era solare e sorridente e riusciva a farlo sentire tranquillo anche se ancora non riusciva a trovare un motivo perché si trovasse li.
“Ti piace guardare?”
“No! Cioè, si, ma… Non mi era mai successo prima…”
Gli sorrise.
“Ma sei giovanissimo...”
Sorrise ancora e poi: “ti piacerebbe fare sesso con me?”
“Dai! Ma sai quanti anni ho? Saranno il doppio dei tuoi! Un conto è spiarti, un altro...”
Lo interruppe: “ma non hai visto gli uomini che mi porto qui? Sono tutti grandi. Li cerco solo grandi.”
Effettivamente l’aveva notato ma non ci aveva fatto caso.
“Si, ma io ne ho quasi quarantacinque e tu? Quanti ne hai tu?”
“Ventitré e i tuoi vanno benissimo, anzi, se ne avevi un cinque in più andava anche meglio...”
“Dai!”
“Ho cominciato con dei grandi e mi va bene così. Comunque ho provato con i ragazzi ma proprio non mi ci trovo. Hanno tanta fretta… Vogliono solo il culo… A volte neanche ti guardano… No, non mi vanno… Guarda te… continui a guardarmi le gambe perché ti piacciono ma non me le hai ancora toccate… Un ragazzo al tuo posto mi avrebbe già tolto gli shorts per guardarmi il culo e solo quello...”
“Cazzo! E’ vero” pensò “continuo a guardargli le gambe...”
“Vuoi la verità? Non so perché sono qui. Sai, non sono mai stato con un maschio e non pensavo di andarci mai. Non ho mai avuto interesse… Ma non riesco a non guardarti dalla finestra e adesso non riesco a staccarti gli occhi dalle gambe… e non lo faccio più neanche con le donne...”
Questa volta il sorriso di Artù fu ancora più grande e divenne enorme come gli appoggiò una mano sul ginocchio. Da li cominciò a risalire fino al bordo del pantalone per poi ripercorrere quella lunga strada nuovamente fino al ginocchio. Sentiva la pelle calda e perfettamente liscia e gli piaceva, gli piaceva accarezzare quel corpo e lo fece più volte, scendendo anche all’interno coscia e trovandola ancor più morbida e vellutata.
Ma quel delicato passaggio era una sensazione assai piacevole anche per Artù che, per agevolarlo, accavallò una gamba sull’altra. La mano scese così sotto il ginocchio, apprezzando il polpaccio levigato e il piccolo piedino leggermente freddo. Come si trovò ancora sul bordo del vestito Artù si alzò e aperta la corta cerniera e fatto saltare il bottone, con sinuosi movimenti dei fianchi lasciò scendere il pantaloncino fino alle caviglie per poi scavalcarlo lasciandolo sul pavimento. Si ritrovò così davanti agli occhi le parti più intime di quel ragazzo e rimase incantato a fissarle. E questo era anche quello che voleva il suo giovane amico. Quello che ammirò era un corpo perfettamente glabro e un piacevole pene appoggiato su due turgidi e minuti testicoli. Era la prima volta che si trovava così vicino ai genitali di un altro maschio ma la cosa non lo turbò perché provò un irrefrenabile desiderio di allungare la mano e stringere tra pollice ed indice la punta. Era calda e delicata, cedevole sotto la pressione delle due dita. Il buchino si allargò leggermente lasciando uscire una minuscola goccia luccicante. Non riuscì a resistere e fece scorrere la pelle che lo ricopriva all’indietro fino a scoprire completamente il glande e si fermò ad ammirarlo.
“Ti piaccio?”
Non capì nemmeno lui come gli venne quella risposta: “è così piccolo e delicato che fa tenerezza...” che piacque tanto ad Artù che ritornò a sedersi accanto al suo ospite, appoggiandosi contro di lui.
Il trovarselo contro lo inibì e lo riportò alla realtà, quasi spegnendo quel magico momento. Non rimise le mani su quello splendido corpo e si sentì persino a disagio.
“Ma cosa sto facendo? Ma ti rendi conto? Sei qui mezzo nudo e io...” Non riuscì a finire la frase perché gli chiuse la bocca con un bacio. Gli appoggiò una mano sulla guancia quasi per respingerlo ma trovandola così liscia e delicata finì per accarezzarla mentre le loro lingue cominciarono ad intrecciarsi. Si baciarono a lungo perché nessuno dei due voleva staccarsi per primo. E se con una mano continuava ad accarezzargli il viso, l’altra riprese a scorrere sulle gambe.
Anche Artù appoggiò le sue su di lui e dopo un generico girovagare un po’ dappertutto, giungendo… li, si accorse che Raoul era decisamente eccitato e, tra le gambe, aveva un duro bastone. Lo sentì schiacciato e compresso e decise di… liberarlo. Le dita affusolate e lunghe aprirono con sicurezza la patta facendolo letteralmente saltar fuori. Lo afferrò e iniziò a far scorrere la pelle dall’alto al basso facendo sussultare l’uomo che interruppe il bacio. Si fissarono in silenzio anche se le mani di entrambi non si fermarono.
Il primo a sussurrare fu Artù: “ ti desidero tantissimo. Tu mi vuoi?”
Solo mezz’ora prima avrebbe detto no, ma adesso non seppe rifiutare e protese nuovamente le labbra verso quelle dell’altro. E ripresero a baciarsi. Lentamente la camicia dell’uomo si aprì, la corta maglietta di Artù finì sul divano e, piano piano anche tutto il resto liberando i lori corpi che, ormai nudi, si spostarono sul letto.
Raoul lo strinse a sé ed entrambi si legarono in un interminabile abbraccio.
Ci furono intensi baci e languide carezze, lingue tese ad esplorare le più segrete parti dell’altro e bocche avide di assaggiare nuovi sapori. Ogni zona erogena fu scoperta e percorsa e li portò ad un livello di piacere elevatissimo. Soprattutto ci fu tanta tenerezza, tanto calore ed un profondo rispetto reciproco.
Per Raoul quel ragazzo era la sua tenera ed inaspettata amante giunta da chissà dove per fargli scoprire nuovi orizzonti mentre per Artù quell’uomo era il suo anfitrione che con l’esperienza dell’età gli stava aprendo nuove visioni dell’amore, utopiche fantasie che mai pensava di poter toccare con mano.
“Mi vuoi?”
“Ti ho già! Sei mio, ma anch’io sono tuo. Mi hai fatto scoprire l’amore, quello universale...”
Gli sorrise e ripeté l’invito, sembrandogli strano che tutto quel piacere non era frutto di sodomia: “mi vuoi prendere?”
“Ti ho già preso...”
“Si, ma vuoi mettermelo dentro?”
“Pensi che così godremo di più?”
Rimase silente e pensieroso. Nessun maschio, almeno fino ad ora, aveva rifiutato il suo culetto e questo gli sembrava incredibile. Tutti, ma proprio tutti volevano solo quello da lui…
“Se questo ci farà godere ancora di più… si...”
Gli si mise di fianco e, riprendendo a baciarlo, trovò un modo di appoggiare il suo pene sul buchino e con estrema gentilezza e attenzione iniziò a penetrarlo. Fu facile. E, mentre le loro bocche continuavano ad appartenersi fu dentro quel giovane corpo e iniziò a muoversi con abilità e bravura e contemporaneamente strinse nella mano la verga del suo tenero amante iniziando a masturbarlo con un sincrono movimento.
L’esperienza si trasformò in maestria che portò quei corpi a vibrare assieme a lungo.
“Avvisami quando stai per venire, voglio farlo assieme a te...” furono le sole parole che Raoul gli sussurrò nell’orecchio, staccandosi per alcuni istanti dalle sue labbra, dopo un lunghissimo amplesso.
Non molto dopo Artù, gli strinse le mani sulle spalle con forza per segnalare che stava per raggiungere il suo traguardo. L’uomo aumentò il suo ritmo e, quasi contemporaneamente si liberarono portando al termine quell’interminabile coito.
Dopo gli ultimi sussulti entrambi rimasero immobili, senza fiato e spossati, madidi e sgocciolanti del loro sudore ma con un enorme sensazione di sazietà e di gioia. I loro orgasmi erano stati lunghissimi e profondi. Ogni singolo muscolo si era teso e poi rilassato in spasmodiche contrazioni. Le terminazioni nervose erano esplose in paradisiache emozioni e le loro fantasie e i loro sogni erano diventati realtà.
Nell’aria c’era un buon odore di sesso tra maschi che originava dai tanti loro umori che si erano uniti ed ora fluttuavano nella stanza in un fragrante aroma di sensualità.
Restarono così l’intera notte, prima perché affaticati dall’amore, poi perché rapiti da Morfeo.
Il primo a svegliarsi fu Raoul che iniziò ad accarezzare e baciare delicatamente il suo splendido amante. Furono ancora momenti di profonda sensualità ma poi il tiranno ritmo della quotidianità prese, anche se a fatica, il sopravvento e le loro vite si separarono, almeno momentaneamente, perché ormai nessuno dei due sarebbe stato più in grado di vivere senza l’altro. E lo sapevano benissimo..
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